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Apologia della margherita

Vorrei leggerezza.

Ho raccolto una margherita dai petali bianchi - perché Dio, come mai dovrebbe avere i petali una margherita? L’ho messa tra le pagine di un libro d’esame, uno di quelli che so che non farò, quelli che poi si trovano i riassunti online.

Mi siedo su una panchina. Fa caldo.

Ci sono tante persone intorno a me, tutte radunate in gruppi folti e sorridenti. Io non sono in nessuno di questi.

E come potrei esserlo?

Come potrebbe la margherita avere petali diversi dai bianchi?

Forse stracciata, messa a forza in un libro, forse così. Quel libro che sa che non verrà aperto mai.


Ma non è colpa mia, lo so. Non è colpa mia se in quei gruppi ridenti nessuno vuole che io ci stia.

Da quando sono bambina sto sempre seduta da sola: una volta era perché i capelli erano troppo corti e sembravo un maschio, un’altra perché avevo il raffreddore e mi colava muco dal naso. Facevo schifo, lo sapevo, ma ne ero consapevole: non avrebbe forse migliorato le cose, l’essere consapevole?

Così come alle medie faceva schifo l’apparecchio ai denti, e facevano schifo pure i miei denti dopo averlo tolto, ma nel sensazionalismo catastrofico urlavo sempre a tutti che quello era un problema, che non ci potevo fare niente, che dovevano smetterla di essere tutti cattivi con me. Mi aveva detto questo l’insegnante, e mia madre, e la psicologa: che tutti erano cattivi con me.

E questa era la mia catastrofe.

Amavo la catastrofe, la veneravo. La sentivo scorrere tra le vene intrecciate sui nervi, fluiva, si sovrapponeva ai giorni che cambiavano i vestiti rendendomi più alta, più magra, più bella… ed era tutto grazie alla catastrofe.

Lo raccontavo ai miei amici. Loro ne ridevano perché erano cattivi. Aspettavano che voltassi le spalle per fare facce strane; erano poi i presenti a dirmelo. Puntualmente mi innamoravo di loro, ogni volta affidavo le mie dita a quei celebri “presenti”, senza immaginare che l’avrebbero fatto con tutti, che il male non si sradica con un sorriso gentile, che non avevano tradito gli altri per me perché semplicemente avrebbero tradito chiunque. Anche me.



E lo fecero, eccome se lo fecero. Ci stavo pure male, perché nelle loro storie io ero tutta sbagliata, e mi sentivo di nuovo in quel taglio di capelli corto, nel muco che cola dal naso per cui non posso farci niente, e non potevo farci niente nemmeno allora.


 


Una ragazza mi si avvicina.

Che bella margherita che hai colto, vuoi farci ‘m’ama non m’ama’?”

È bella, molto. Ha i capelli corti come la me delle elementari ma li porta bene, su di lei hanno senso. Ha gli occhiali da sole e una borsa di tela. Sta da sola pure lei e mi sorride.

Io no.

Non posso.


“Vai via”, le intimo, perché so che è cattiva.

Perché lo sono tutti.


E mentre la guardo allontanarsi con l’aria un po’ confusa, metto la margherita tra i capelli e per l’ennesima volta non ho nessuno a cui mostrarlo.

Per l’ennesima volta, so che non è colpa mia.

Come potrebbe una margherita non avere i petali bianchi?

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