Ich habe Angst Io ho paura
Ich weiß es nicht, was ich machen soll. Non so cosa fare.
Ich habe schreckiliche Sehensucht Ho nostalgia
nach deinem Streicheln, delle tue carezze,
nach deinem Lächeln. Ein einfaches del tuo sorriso. Semplice
Heilmittel, mit dem du medicina, con la quale
meine Träne getrocknet hast. tu hai asciugato le mie lacrime.
Jetzt ist niemand Ora non c’è nessuno
hier, bei mir. qui, con me.
Wenn ich den Vorhang aufziehe, Quando apro le tende,
spüre ich nicht das zarte Rosa des non avverto il dolce rosa
Sonnesaufganges auf der Haut. dell’alba sulla mia pelle.
Es bleibt nur der Horizont, Ora c’è soltanto l’orizzonte,
dunkel wie ein unendlicher Abgrund. oscuro come un immenso abisso.
Weißt du, wo er jetzt ist? Tu sai dov’è lui, adesso?
Er ist genau dort, wo du nie akzeptiert hast, Dove non hai mai voluto
dass er leben könnte. che vivesse.
Du hast immer geglaubt, dass er Tu hai sempre creduto che lui
geheilt werden könnte; und das ist es, potesse guarire, ma questo
was dich getötet hat. Nicht er! è ciò che ti ha uccisa, non lui!
Er brauchte Hilfe, aber deine Lui aveva bisogno di aiuto,
genügte ihm nicht. ma il tuo non è bastato.
Ich erinnere mich an die schweren Tropfen Mi ricordo quelle pesanti gocce
und das dunkelrote Rinnen… e quel flusso tetro e rosso…
Sie trieben das Leben weit von dir. Questi trascinano la vita lontano da te.
Wenn ich die Augen schließe, Quando chiudo gli occhi,
ist sie hier bei mir lei è qui con me
und ich habe Angst sie zu öffnen, e ho paura di aprirli,
weil ich die Täuschung nicht perché non voglio accettare
akzeptieren will. l’illusione.
Warum leidet man, wenn man Perché soffriamo, quando
sich daran erinnert, ricordiamo di
glücklich gewesen zu sein? esser stati felici?
Ciao a tutt* :)
Questo è il decimo articolo della rubrica "Tempesta del Pensiero", pubblicato all'interno del blog Momenti DiVersi.
In questo articolo parlerò di alcune tematiche sociali, le quali mi hanno ispirata per scrivere questa poesia in tedesco, al cui fianco ho riportato la traduzione in italiano.
Ho scritto questa poesia dal titolo “Ich habe Angst” per illustrare l’inquietudine che provo vivendo in quest’epoca di incertezze e violenze.
Questa poesia tratta dell’omicidio di una donna, la quale è stata assassinata dal marito affetto da una patologia psichiatrica. La figlia, ancora adolescente, ha assistito al tragico evento e lo descrive con le proprie parole.
Ho immaginato di inscenare una situazione “estrema”, in cui sono stati ribaltati gli stereotipi riguardanti i ruoli familiari: invece di essere forte, il padre appare fragile e mentalmente instabile; mentre la madre non è presentata come una donna debole, bensì sicura di sé e impegnata a fare carriera.
Nella prima parte della poesia, l’adolescente si rivolge alla madre ormai morta, esprimendo malinconia, angoscia ma anche rabbia, incolpando la madre della sua stessa morte. Infatti, la donna ha trattato in maniera superficiale la psicosi del marito, rifiutandosi di prodigargli le cure necessarie. In seguito ad un episodio acuto, l’uomo uccide la moglie, e la ragazza immagina che, nella morte, la madre prenda finalmente coscienza della verità innegabile (“Tu hai sempre creduto che lui/ potesse guarire, ma questo/ è ciò che ti ha uccisa. Non lui!”).
La ragazza è reticente nel rievocare l’episodio drammatico, perché non vuole accettare che sia realmente accaduto: infatti, nella prima parte continua a rivolgersi alla madre come se fosse ancora viva, sebbene sia conscia della sua scomparsa.
Non riesce neanche a pronunciare la parola “morte”, infatti, descrive la scena del delitto imbrattata di sangue, intuendo che la perdita di sangue abbia a che fare con la morte della madre, tuttavia, risulta incapace di comprendere la vera entità dell’accaduto.
Negli ultimi versi della poesia, l’adolescente parla della madre in terza persona con qualcun altro, (ho immaginato che interloquisca con un sanitario), al quale rivela di non volersi rassegnare all’idea che la madre sia morta, preferendo illudersi, immaginandola ancora viva quando tiene gli occhi chiusi (Quando chiudo gli occhi,/ lei è qui con me/ e ho paura di aprirli,/ perché non voglio accettare/ l’illusione.”).
La ragazza cerca rifugio nel passato, il quale le appare rassicurante perché anche se doloroso, è stabile in quanto non può essere modificato. Tuttavia, cercando la felicità nei ricordi, l’adolescente rammenta che questi non appartengono al presente, e non potendoli vivere una seconda volta, prova delusione nel constatare che i ricordi felici la rattristano (“Perché soffriamo quando/ ricordiamo di/ esser stati felici?”).
La ragazza afferma “Ich habe Angst”, cioè “ho paura” cercando aiuto, nonostante non sappia a chi rivolgersi perché ha perso tutte le sue figure di riferimento, sia quella paterna, ma soprattutto quella materna, rappresentante di forza e sicurezza, la quale è morta proprio perché era così superba e tracotante da credere di poter dominare perfino la natura maligna della psicosi di cui il marito era affetto.
La ragazza è incapace di superare le sue difficoltà da sola, perché sta vivendo il momento più critico della vita, ossia l’adolescenza, quando ogni parte del “proprio Io” viene messa in discussione, perché ci riteniamo troppo “grandi” per continuare i giochi dell’infanzia, eppure ci sentiamo troppo “piccoli” per entrare a far parte del mondo degli adulti.
Sebbene asserisca di essere spaventata, non grida (infatti ich habe Angst non è scritto con tutte le lettere maiuscole, l’unica lettera maiuscola è la A di “Angst” perché i sostantivi in tedesco si scrivono con l’iniziale maiuscola), e non scalpita come farebbe una persona conscia del terrore nutrito, perché in realtà l’adolescente è molto confusa, e non riesce nemmeno a capacitarsi delle stesse emozioni provate.
Questo vuole dimostrare che oggi abbiamo superato i limiti di tutte le convenzioni, e se da un lato siamo liberi di fare “qualsiasi cosa vogliamo”, come dare origine o non dare origine ad una famiglia, formare una famiglia per poi prendersene cura o meno, lavorare o non lavorare; dall’altro lato, essendo privi di regole adatte a guidarci in questa nuova epoca in cui la morale e l’etica dei secoli passati non sono più accettate, gli esseri umani hanno perduto i propri ruoli nella società, con il conseguente incremento di confusione e incertezza, le quali impediscono di vivere serenamente, inducendo tutti noi a perpetuare gli stessi errori senza accorgerci di compierli in continuazione.
In passato si è lottato per eliminare le figure della “donna debole” e del “maschio forte”: è giusto che debbano essere abrogate perché è bene che ogni essere umano possa scegliere chi essere e cosa fare nella vita, indipendentemente dal fatto di essere una donna o un uomo. Tuttavia, non è forse vero che ci siamo spinti oltre alla lotta per la parità di genere, e oggi non solo non siamo ancora riusciti a garantire le pari opportunità sia per le donne che per gli uomini, bensì ci siamo perduti in continui scontri inutili senza scopo, che fanno nascere odio e rancore immotivati, spingendoci a chiuderci sempre più nelle nostre barriere mentali, lasciando che l’ignoranza e la paura ci rendano sempre più confusi ed inquieti, fino a dubitare di noi stessi, non sapendo più discernere le emozioni provate?
C’è una soluzione a questa prigione soffocante che la società malata proietta nelle nostre menti?
L’ho rappresentata nel dipinto che accompagna la poesia: il papavero rappresenta i ricordi della ragazza, mentre la colomba simboleggia la ragazza stessa. Grazie alle radici, il papavero è attaccato a terra, quindi rappresenta le origini della ragazza, e i propri ricordi (tra cui l’assassinio della madre). Mano a mano che la ragazza-colomba crescerà, perderà il candore e la purezza dello spirito di bambina ogni qual volta si scontrerà col passato, cercando in esso le risposte per affrontare il futuro.
Il passato lascerà delle ferite (si vede che il ventre della colomba è sporco di sangue, rosso come i petali del papavero, ai quali si avvina la colomba durante il viaggio della vita). Con le radici salde nel terreno, il papavero rappresenta l'idea di sicurezza che caratterizza il passato, perché, per quanto possa essere doloroso non può essere cambiato, quindi, è meno incerto del futuro che la ragazza dovrà vivere, non sapendo cosa potrà riservarle.
Nonostante tutto, la colomba si impegna per proiettarsi verso il futuro, rappresentato dal foglio lasciato bianco per indicare che ancora le è ignoto.
Quindi, sebbene la ragazza si senta confusa ed inquieta, non si lascia imprigionare dalle proprie paure, e vola verso il futuro, emancipandosi grazie all’aiuto di adulti comprensivi, come il sanitario a cui si rivolge negli ultimi versi della poesia, perché ancora oggi, sebbene sia un fenomeno raro, esistono adulti responsabili.
Chiedere aiuto è il primo passo per liberarsi dai problemi che non si riesce a risolvere da soli, e permette di instaurare sodalizi con i propri simili, i quali non devono prendere in giro e non si devono approfittare delle debolezze dei più miserabili per sopraffarli, bensì devono sentirsi lusingati per esser stati considerati degni di fiducia e devono impegnarsi per rendersi utili al prossimo.
Dunque, per concludere, comunicare e condividere le proprie emozioni con gli altri esseri umani è fondamentale per creare legami, e per sostenersi e rispettarsi a vicenda, evitando discriminazioni a priori, perché queste fomentano le incomprensioni, che sono concime per far nascere sentimenti negativi quali odio, rabbia e paura, unici veri nemici della civiltà.
Uniamoci in un unico sodalizio per evitare che tali insidie ci facciano allontanare, evitando le guerre, perché qualsiasi siano i loro propositi, in realtà, i conflitti non fanno altro che confonderci e privarci delle nostre certezze, quindi della nostra identità, e quindi di ogni obiettivo per vivere.
Nella speranza di avervi offerto qualche spunto di riflessione, vi auguro buona lettura e vi saluto.
Alla prossima!
Maria Romanelli
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