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Immagine del redattoreIrene Mascia

Il Contrario di Tutto: viaggio alla scoperta della poesia per il sociale

“Oggi la bellezza del mondo è entrata in me, sostituendosi alla sofferenza individuale, lasciando spazio a quella collettiva.”



La sofferenza. Questo è il denominatore dell’opera di Rosa Mancini, edita LFA Publisher: un insieme di poesie, racconti e prose con le illustrazioni dell’artista Valentina Guerra. Una sofferenza data da necessità mancate, mutamenti di significati e di sfumature; un dolore che nasce nell’io, nella soggettività, per poi rimpicciolirsi nel noi.


L’autrice con il suo libro.

Si pensa spesso alla poesia come un linguaggio d’élite, una forma d’arte fine a se stessa e riservata, se non all’interiorità, ad un gruppo ristretto di “persone colte”, una cerchia di appassionati che può riuscire a comprenderla. Il viaggio di Rosa Mancini, invece, ci insegna (e dimostra) tutt’altro…



Mondo di prima: il contrario

Ogni capitolo della narrazione, raccontato attraverso una sfumatura di mondo, si apre con un aforisma ed un disegno. Il mondo di prima è a sua volta diviso in due aree che descrivono il naturale evolversi di un qualsiasi racconto d’amore: la bellezza della presenza, la solitudine dell’assenza e il dolore che ne consegue. Il linguaggio diretto, colloquiale, diventa quasi canzonatorio e morbido sul tema della natura, filo conduttore dell’intera opera. L’autrice soffre, e soffre un dolore per il quale non sembra esserci rimedio, che sembra aver strappato i fili della sua vita.

“Vorrei chiedere all’amore/ di essere meno amore,/ più terra…” inizia l’ultima lirica di questo mondo percepito come contrario. Un universo la cui necessità è l’amore, il divertirsi, il vivere: un mondo che non era pronto a diventare sospeso.


Mondo sospeso: di

Come una preposizione semplice in procinto di annunciare qualcosa, è nel mondo sospeso che nasce davvero questa raccolta. La pandemia ha mutato il senso di necessità. Il dolore dell’isolamento diventa collettivo, mondiale. Allora la poesia non può più essere solo individuale: deve transumanare, in senso dantesco, e diventare scritta nell’unica cosa rimasta immutata dalla pandemia: la natura. Eterna, immobile e appartenente a tutti: esattamente come la sofferenza del lockdown.

“Resta la sospensione/ e l’arte che regge/ il peso della malinconia”.



Mondo nuovo: tutto

Quando a maggio del 2020 la vita ha riaperto i battenti, ne siamo usciti tutti un po’ cambiati. Il peso delle cose ha assunto valori ponderati, diversi; la vita stessa ne è uscita nuova, in una rinascita bramata, desiderata, scelta. La natura, invece, è sempre lì.

E così la poesia risponde al desiderio originario.

Diventa meno amore, e più terra. Meno io, più noi.




Rosa Mancini è la presidentessa dell’associazione Poesie Metropolitane. L’associazione si occupa, da quando è nata nel 2016, di diffondere poesia e bellezza attraverso azioni concrete, di riqualifica ambientale e di quartiere, valorizzando l’emergente in un contesto di collettività. Questa esperienza, che poi è il filo conduttore della sua stessa opera, non può che far trascendere il senso del linguaggio poetico dalla tradizione cui siamo sempre stati abituati; la tradizione del Leopardi chino sui libri in un mondo in cui i social hanno voluto rendere tutti un po’ Leopardi, l’arroganza che non dovrebbe appartenere a chi si cimenta in una qualsiasi espressione artistica, il voler concentrare tutto sul proprio io, un io che dimentica che, alla fine dei giorni, tornerà ad appartenere alla terra.

Ma con questo libro, che in realtà è un viaggio, una raccolta di poesie, un’introspezione, l’autrice riesce nel suo intento; fingendo di abbandonare la poesia autobiografica, dà voce a tutte le altre penne che la pandemia ha spezzato.


E le fa scrivere per sempre.


 

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