Siamo nel XXI secolo.
A parte il mistero della vita – se si chiama mistero un motivo ci sarà – abbiamo scoperto un po’ tutto, mi sembra. Ma la società, specialmente quella degli ultimi anni, non sembra rispecchiare questo progresso evolutivo, anzi, sembra affondare come il Titanic nelle acque più fredde e profonde.
Perché?
Perché la tecnologia viene utilizzata per “aumentare il benessere” di alcuni – attraverso lo sfruttamento di altri – e allo stesso tempo per fabbricare armi e morte?
Perché non si investe maggiormente sulla sanità, sull’istruzione, sulla cultura, sull’educazione del cittadino ma, prima di tutto, della mente pensante che è il cittadino?
Perché non conviene.
Ok, magari non avrò scoperto l’acqua calda. Forse questo è saputo e risaputo.
Sono sicura, però, che nessuno mai ha fatto una riflessione tanto profonda quanto esatta come quella di George Orwell in 1984.
Non mi credete? Leggete pure. Giuro, non è niente di trascendentemente complicato.
TEORIA E PRATICA
DEL COLLETTIVISMO OLIGARCHICO
di Emmanuel Goldstein
Capitolo III
La guerra è pace
Con l'assorbimento dell'Europa da parte della Russia, e dell'Impero Britannico da parte degli Stati Uniti, due delle tre potenze oggi esistenti, Eurasia e Oceania, erano già nate. La terza, l'Estasia, si formò come entità autonoma dopo un altro decennio di lotte particolarmente confuse. […] L'Eurasia comprende l'intera Europa settentrionale e i territori dell'Asia, dal Portogallo allo stretto di Be- ring; l'Oceania abbraccia le Americhe, le isole atlantiche, le Isole Britanniche, l'Australasia e le regioni meridionali dell'Africa; l'Estasia, più piccola rispetto alle altre due potenze e con una frontiera occidentale meno definita, comprende la Cina e i paesi a sud di essa, le isole del Giappone e un'ampia, seppur fluttuante, sezione della Manciuria, della Mongolia e del Tibet. […] Lo scopo fondamentale della guerra moderna (secondo i principi del bipensiero[1], tale scopo è allo stesso tempo riconosciuto e negato dalle menti del Partito Interno) è di consumare i prodotti della macchina senza innalzare il tenore di vita generale. A partire dalla fine del XIX secolo il problema di come utilizzare le eccedenze dei beni di consumo è stato latente nella società industriale. Attualmente, quando cioè solo pochi esseri umani hanno cibo a sufficienza, un problema del genere non è più urgente e verosimilmente sarebbe stato così anche se non si fosse ricorso a nessun processo di distruzione programmato a tavolino. […] Quando la tecnologia delle macchine fece la sua prima comparsa, ogni essere pensante si convinse del fatto che presto sarebbe scomparsa la necessità di qualsiasi lavoro pesante e che allo stesso tempo sarebbe cessata ogni necessità di preservare l'ineguaglianza fra gli uomini. Se l'impiego delle macchine fosse stato direttamente indirizzato a questo scopo, certi mali come la fame, l'eccesso di lavoro, la sporcizia, l'analfabetismo e le malattie sarebbero stati eliminati entro poche generazioni. […] Una volta, poi, che una simile condizione fosse divenuta generale, la ricchezza non sarebbe stata più un segno di distinzione fra un individuo e l'altro. Era possibile, senza dubbio, immaginare una società in cui la ricchezza, intesa come possesso di beni personali e di lusso, venisse distribuita equamente, mentre il potere restava nelle mani di una minuscola casta privilegiata, […] la maggior parte delle persone che di norma sono come paralizzate a causa della povertà si sarebbero alfabetizzate, cominciando così a pensare in modo autonomo. Una volta accaduto ciò, avrebbero prima o poi realizzato che la minoranza privilegiata non aveva alcuna funzione e l'avrebbero quindi spazzata via. […] Il problema era come riuscire a far girare gli ingranaggi dell'industria senza incrementare la ricchezza reale del mondo. I beni di consumo dovevano essere prodotti, ma non distribuiti. E l'unico modo per raggiungere un simile obiettivo era uno stato di guerra perenne. […] L'effetto sarebbe stato lo stesso se i tre superstati, anziché combattersi a vicenda, si fossero accordati per vivere in pace perpetua, ognuno inviolato entro i propri confini. In questo caso, infatti, ognuno di loro costituirebbe un universo bastevole a se stesso, per sempre libero da ogni influenza esterna. Una pace davvero permanente sarebbe la stessa cosa di una guerra permanente. Questo (sebbene la maggior parte dei membri del Partito se ne renda conto in modo superficiale) è il vero significato dello slogan del Partito "La guerra è pace".
George Orwell, 1984
[1] “Il bipensiero implica la capacità di accogliere simultaneamente nella propria mente due opinioni tra loro contrastanti, accettandole entrambe.” George Orwell, 1984
Questo è solo un estratto, ovviamente, non potevo pubblicarlo per intero. Da queste parole, però, si può riflettere tanto sulla condizione socio-politica attuale. Possono essere diversi i nomi dei continenti, può essere diverso il Partito, possono essere inventati il Socing, i prolet, la Settimana dell'Odio, ma non le idee radicate nella società descritta di Orwell che, di riflesso, ahimè, sono il riflesso delle idee odierne.
Per questo è importante leggere. Per essere consapevoli.
La consapevolezza è la prima arma "bianca".
E sono convinta che, nel momento in cui ci sarà una forma di governo che si curi davvero dell'educazione umana in maniera globale, quello sarà il primo passo per avvicinare il giorno della pace, o comunque di qualcosa di molto simile alla pace.
È un'utopia? Sì, molto probabilmente. Ciononostante non possiamo e non dobbiamo abbandonarci al flusso degli eventi che si susseguono incessanti attorno a noi, o sarà la nostra condanna. Leggere, scrivere, credere nell’arte sono già delle grandi forme di rivoluzione.
Articolo a cura di Adriana Cinardo
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