IL LIMITE È IL CIELO
Questa casa è allo stesso tempo
Sicurezza, pace
Quasi come a nascondere l’oppressione claustrofobica
Del cielo che azzurro tace
Ma che mi fa sentire come in gabbia
Rinchiuso e destinato
Al dolore
di questa casa
Che allo stesso tempo mi rende
Nervoso, pensieroso, deluso da me stesso.
E ad oggi, non ho altro che un grande vuoto,
Incolmabile
(A quel vuoto che fino ad un anno fa mi ha distrutto ma che ad oggi distruggo io)
Recensione
Il vuoto. In tanti hanno scritto poesie sul cielo, sul sole, sul fuoco; la natura è poesia, l’amore pure. Laddove c’è sentimento, sensazione, ci sono versi; ma cosa succede dove non c’è nulla?
”Il limite è il cielo” è un titolo emblematico, contraddittorio: come può un organismo infinito essere un limite? È facile interpretarlo come un invito a non curarsi delle brutture della vita, a sciogliere i capelli e divertirsi perché niente può fermarti. Invece, è esattamente il contrario.
Il cielo diventa una gabbia claustrofobica, più simile ad un soffitto. La casa è il posto sicuro, perché per quanto sia più vertiginosa, è conosciuta; ma non garantisce la felicità eterna, e così si incatena il vuoto, che rende tutti gli infiniti virgole, le virgole punti universali.
Ma forse la parte più bella di questa poesia è la dedica. Posta in parte finale, è un riscatto, una rivincita. Come si può distruggere un vuoto?
Con la scrittura, con lo sfogo. Riempiendolo a forza di parole piene.
Perché la vita è un po’ questa: scrivere il peggio, il bicchiere mezzo vuoto, la ruggine sul bordo. E poi concludere con un verso di speranza. Irene Mascia
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