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Immagine del redattoreIrene Mascia

Poesie Emergenti: Il settimo dice di Andrea Abruzzese

Il settimo dice…

Signor Giudice la prego,

non ho fatto niente di male,

solo prendere in prestito una mela,

per non avere mani vuote da dare

ai miei figli… per poterli sfamare.

E donare un’impressione di vita

a mia moglie, santa donna!

Pulisce culi per 2 euro l’ora,

occhi troppo stanchi per sognare.

Oggi, affonda il volto nella vergogna

che dentro l’animo la divora.

Vostro Onore cercate di capire,

sono solo un ombra di tasche vuote,

non sono un criminale.

Un po’ di tempo fa ero un lavoro,

ma le fabbriche emigrano in altre nazioni,

dove cade pioggia d’oro

nelle tasche dei padroni.

E per la via, sui fogli di giornale

che mi schiaffeggiavano il volto,

leggevo di poltrone vuote ad arricchirsi,

urlare odio contro uno scheletro di fango e stracci.

Vorrebbero sbattermi le sbarre sulla faccia…

Questo è rubare! Vostro Onore...

Ecco a chi dare la caccia.

E vi prego, vi scongiuro, vi imploro!

Usate la mente per vedere,

il cuore per ascoltare.

Che neanche il creatore,

per il settimo, la mia anima

vorrebbe dannare.

Perché non ho fatto niente di male,

solo prendere un pezzo di pane,

per poter guardare negli occhi moglie e figli,

senza sentire la voglia di sparire.

Andrea Abruzzese



Il 20 aprile di quest’anno, a Syracuse, New York, un bambino di 10 anni viene arrestato per aver rubato un pacco di patatine.

Qualche anno fa, girò sui giornali una notizia ancor più sconvolgente, ambientata nel nostro bel paese: un uomo di 34 anni, disoccupato, condannato a sei mesi di reclusione per aver rubato pane, olio, formaggio e un pezzo di arrosto sotto vuoto, per un totale di nemmeno una decina d’euro. La sua motivazione è stata quanto più possibile immaginabile, ma sconcertante: abbiamo fame. Lui, la moglie anch’ella disoccupata e un figlio di quattro anni - avevano fame, probabilmente non solo di cibo, ma anche di dignità davanti un bambino che, come tutti i suoi amici, avrebbe voluto tanto mangiare un po’ di arrosto.

L’uomo ha scontato la sua pena con questa stessa dignità nel carcere di Regina Coeli, a Roma. L’episodio è avvenuto nel 2013.


Andrea Abruzzese sceglie una forma anticonvenzionale - la poesia - per dar voce ai criminali della disperazione, toccando i temi che in qualche modo i big della nazione non vogliono proprio ascoltare: la disoccupazione, il precariato, la mancanza di sussidi per chi ne ha bisogno. Con una metafora biblica, per cui l’oggetto del furto nei primi versi è proprio una mela (come leggiamo nelle traduzioni più blande della Genesi, in cui ad ogni modo si parla di frutto) e un tocco sottile alla morale religiosa, ci si pone la domanda del relativismo e della problematizzazione per eccellenza: ascoltare le leggi dell’uomo o le leggi del cuore? Essere Creonte o Antigone? E soprattutto, se è stato il lavoro che ho perso e mai più trovato a darmi necessità di rubare, chi è davvero il criminale?


Così, con un potente grido che si spera non viaggi nel vuoto, Andrea Abruzzese contribuisce al mondo come meglio può. E nel frattempo ci regala l’Antigone migliore che potesse mai tracciare.



 

Andrea Abruzzese nasce a Foggia, città nella quale vive, il 27/04/1989.

Scrive poesie dall’età di 14 anni, alcune delle quali sono state pubblicate sui siti:

“L’Altrove - Appunti di poesia”, “Poetarum Silva” , “Poesie sull’albero”, “La Nuova Rivista Letteraria”, “L’Ottavo”, “Leggere poesia”, “Intermezzo Rivista”, “The Bookish Explorer”, “La Seppia”, “L’Incendiario”, “Aratea Cultura” e “Aquile Solitarie”.

Altre sono state commentate sul sito “Poesia del nostro tempo”, all’interno della rubrica “Laboratori di poesia”.

Inoltre alcune sue poesie sono state pubblicate all’interno della rubrica “La Bottega della poesia”, del quotidiano “La Repubblica” nelle edizioni di Milano, Torino, Napoli e Bari.

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