Regina della Pioggia
Abbandonato scende
un rigolo argentato.
Sfregio al più scuro,
sicuro, dei mondi.
Mentre tu:
in un velo brumoso,
amena, tremenda, regni
sul tuo ammantato vuoto.
Huginn
Uno scrittore misterioso, che di sé non vuol far conoscere nemmeno il nome. Quando ho parlato con lui ha detto “in realtà non ho molto altro da dire”. Gli ho chiesto come si volesse firmare, mi ha risposto “Huginn”. Ho fatto una breve ricerca e scoperto che Huginn altro non è che uno dei due corvi associato al dio Odino...
Ma noI non siamo qui per parlare dell’identità di una persona che chiaramente non vuole rendercela nota, perché più importante di tutte è la sua poesia. Quel poco che ha scelto di condividere con noi vale più di qualsiasi altra presentazione.
Da un titolo che già emblematico sembra racchiudere una dimensione “sovrannaturale”, quella di un’ipotetica regina della pioggia, si passa alla descrizione ancora più mistica della quotidianità; la banalità di una lacrima assume la potenza di una cicatrice pronta a sfregiare il più sicuro dei regni, quello del proprio volto, quello che si dovrebbe conoscere a memoria. E mentre questo dolore inghiotte tutto, mentre la pioggia scende romantica sul vuoto, colei che l’ha causata sa bene di esserne la regina che hal’ha deciso. Amena e tremenda: due termini così simili, eppure così distanti. Sembrano avere la stessa composizione di immobilità, di fermezza, e riescono a non escludersi. Ma al termine del breve viaggio sembra di conoscere lo scrittore per il tempo di qualche verso; allora non ha davvero importanza il nome che utilizza, o la sensazione che vuole dare.
Quell’ammantato vuoto lo abbiamo sentito con lui.
Irene Mascia
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