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PoesieEmergenti: Fabio Spira

Immagine del redattore: Irene MasciaIrene Mascia

Soffia dentro te

un vento interiore,

lesto e veloce

producendo rumore,

udibile a chi

con fare innocente,

corre in tuo aiuto

silenziosamente.

Aggrappati a chi,

senza parlare,

nei tuoi occhi

la consapevolezza sa scrutare

di una lotta perpetua

tra realtà e fantasia,

che sfocia in un urlo

senza poesia.

Libera le emozioni,

senza alcuna paura,

trovando il coraggio

di abbattere quelle mura,

creando sentieri

in quei limiti imposti,

da un'anima ferita

del fanciullo che fosti.


Fabio Spira



Biografia

"Mi chiamo Fabio, sono un ragazzo di 22 anni e studente di psicologia. Mi sono avvicinato alla poesia sin dall'adolescenza, con un pensiero perpetuo: attraverso la scrittura puoi vivere una seconda volta le emozioni. Quel che risulta un momento fugace ed astratto, può vivere su quel foglio bianco."


 

Attraverso la scrittura puoi vivere una seconda volta le emozioni, dice Fabio Spira. È una risposta così semplice e così carica di significato alla domanda delle domande, il quesito per eccellenza: perché scrivi?

Una domanda che porta con sé, implicitamente, la voglia di sottolineare l’inutilità di una tale occupazione, soprattutto se declinata nei termini della poesia.

E la risposta appare così immediata che non necessiterebbe di spiegazione: sento perché vivo, scrivo perché voglio risentire, perché voglio rivivere. E si sta parlando di una vita che non è - non è solo - un’agenda carica di impegni, i minuti contati tra una pausa e l’altra, l’esame da 12 CFU che manca alla laurea, l’illusione che vivere e fare siano la stessa cosa: sento perché vivo, vivo perché sento e non vivo perché faccio.

Questo è - o potrebbe essere - il vento interiore. Se la poesia immobilizza, cristallizza, confeziona i momenti perché possano essere “riutilizzati”, il vento mutevole e vertiginoso sarebbe l’immagine peggiore da utilizzare, eppure Fabio Spira la usa lo stesso. Così come usa le parole “veloce”, “lesto”, endiadi della rapidità, parla di “lotta perpetua” e addirittura esagera un urlo “senza poesia”.

Su questo “senza”, l’assenza, il non, è concentrata l’intera spannung della lirica: si prepara il terreno fertile per il fulmen in clausula e si ritorna al punto precedente, sprigionando in versi quell’urlo indirizzato su vie costruite dalle macerie, vie in cui perfino il vento può muoversi ed essere l’eterna stasi delle parole. Vie in cui poesia e non poesia si incontrano e scontrano e si fondono entrambe nella prima.

Alla fine, Fabio Spira ha scritto una poesia e ha scritto di se stesso.

E finisce per rispondere al quesito dei quesiti senza rispondere. Fabio, perché tu e tutti gli altri abbiamo voglia di scrivere?



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