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Immagine del redattoreIrene Mascia

PoesieEmergenti: Inno dell'Inferno di Francesco Abate

INNO DELL’INFERNO


Il fuoco che tormenta le anime

trova sempre il suo combustibile

che sia verde di filigrana

che sia trasparente e impalpabile

che sembri allegro come il vino.

L’uomo che vola

ha bisogno di energia

e quale è migliore

del muto grido che nasce

da un’anima che muore?

L’uomo che vince

ha bisogno d’un perdente

e chi perde di più

dell’uomo dal cuore strappato

o del tempio devastato?


Il mare che annega i gommoni

trova sempre il vento che lo agita

che sia soffio di bugiardo

che sia rumore di monete

che profumi di carta e inchiostro.

Il famelico Lucifero

vuole cibo per tre teste:

l’anima dell’uomo evirato,

l’anima della donna violata,

l’anima del bimbo straziato.

Il terribile Lucifero

vuole carne per tre bocche:

l’anima dell’uomo piegato,

l’anima della donna annullata,

l’anima del bimbo schiacciato.


Stelle, soli, colori e glorie,

colorano le vostre bandiere

che nel cuore sono tutte rosse

come il sangue di cui sono bagnate.

Versi, note, inni e glorie,

riempiono i vostri canti

che nel cuore son tutti requiem

per le ossa con cui li han suonati.


Guardate le stelle se vi fa star bene,

ma l’occhio dell’assassino

finisce sempre rivolto in basso.


Francesco Abate



Biografia

Sono nato a Salerno nel 1984. Diplomato al liceo scientifico di Battipaglia (SA), ho intrapreso il cammino verso la laurea ma sono inciampato e non sono più stato capace di rialzarmi. Ho girovagato per diversi call center, dove ho sperimentato sulla mia pelle il concetto di alienazione del lavoro e ho percepito il senso di abbandono in cui oggi malinconicamente annega il lavoratore medio. Ho sperimentato anche il sapore amaro che resta nella bocca del piccolo imprenditore che apre un’attività per poi vederla fallire miseramente. Finalmente dopo tanti fallimenti sono riuscito a

sfruttare l’opportunità più unica che rara e ho trovato un lavoro onesto e ben retribuito. La letteratura è stata la zattera che mi ha tenuto a galla in mezzo alla tempesta che è stata la mia vita. Oltre a pubblicare, ho curato alcune serate culturali nella biblioteca comunale di Battipaglia.

Ero stato inoltre scelto come curatore di una serie di incontri sulla Divina Commedia, purtroppo però la pandemia ha bloccato tutto. Ho avuto comunque l’onore di parlare di Dante Alighieri e della Commedia in un webinar destinato a studenti russi.

Ho pubblicato tre romanzi: Matrimonio e Piacere (Aletti editore, 2009), Il Prezzo della Vita (CSA Editrice, 2015) e I Protettori di Libri (0111 Edizioni, 2019).

Pubblico regolarmente poesie sul sito Spillwords.com. Con la poesia Dietro Quella Porta sono stato finalista al Premio Città di Battipaglia 2019. La poesia è stata pubblicata nell’antologia La Voce del Poeta 6. Il mio racconto La Fuga è stato pubblicato nella raccolta Ekatomère. Racconti tra Decameron e Pandemia (Terra Somnia Editore). Nel 2022 grazie alla fiducia della casa editrice Ensemble ha visto la luce la mia prima raccolta di poesie, Inferno.

Su "Inferno", da cui è tratta la poesia

Inferno è una raccolta di poesie che tratta le sofferenze di popoli interi e di singoli individui. Lo scopo dell’opera non è solo quello di sottolineare il dolore delle vittime, ma anche quello di accusare i responsabili delle loro agonie. L’opera si divide in due sezioni: L’Inferno dei popoli presenta poesie che raccontano dei popoli oppressi, L’Inferno delle persone invece racconta singoli episodi di uomini e donne che hanno

patito o patiscono gravi ingiustizie. Ad aprire l’opera c’è un Inno dell’Inferno, canto di tutti gli uomini che soffrono; a chiuderla ci sono un Canto dei dannati e la poesia Madre Terra piange i suoi figli scellerati, nella quale medito sulla devastazione che l’essere umano ha portato al pianeta e sul grande dono (la vita) che abbiamo sprecato facendoci del male. Nella sezione dedicata ai popoli c’è spazio per tragedie attuali, come quella degli yazidi o dei palestinesi, e passate, come il genocidio degli armeni. Ciascuna poesia porta il titolo della nazione in cui si consuma il crimine o, nel caso di popoli perseguitati in più stati, della popolazione perseguitata.

Nella sezione dedicata alle persone ogni poesia fa riferimento a un singolo caso che ha coinvolto una o più persone, oppure a una categoria particolarmente discriminata (come i braccianti agricoli). Le poesie che raccontano il dolore delle persone fanno riferimento tanto a casi famosi, come l’assassinio di George Floyd, quanto a eventi meno importanti, come il suicidio di un giovane; tanto sono riportati casi vicini a noi nel tempo, come l’ingiusta detenzione di Patrik Zaki, quanto eventi

lontani nel passato, come il sequestro del Panchen Lama ad opera dei cinesi.

Le poesie sono scritte in versi liberi e ognuna ha una struttura a sé. In tutte c’è abbondante presenza di metafore, unico mezzo con cui è possibile descrivere ciò che ognuno sente ma nessuno può vedere. Nel comporre ogni singola poesia ho cercato di usare un linguaggio quanto più vicino a quello comune, ma alle volte mi sono riservato la scelta di un lessico più ricercato. La poesia deve essere

comprensibile per tutti, altrimenti il suo messaggio va perso, ma non deve mai perdere di vista la bellezza, perché solo il bello fa breccia nell’anima del lettore.

Lo scopo di questa raccolta non è quello di suscitare pietà. Le poesie servono a spingere i lettori verso una presa di coscienza, perché troppo spesso oggi vediamo i sofferenti come semplici numeri sui giornali, finendo così per dimenticare che sono persone come noi. L’opera nella mia intenzione è un antidoto contro la disumanizzazione delle vittime, una medicina distillata allo scopo di

risvegliare l’empatia di chi erroneamente si sente lontano da tante tragedie.

Proprio perché il mio scopo non è la pietà, nelle poesie non mi limito a mostrare il dramma dei derelitti, ma indico la mano che li ha feriti e che è spesso ancora sporca del loro sangue. L’opera è anche un atto di accusa contro chi rende un supplizio la vita di miliardi di persone.


 


Mi piace quando sono gli autori a raccontarsi. Danno una splendida nota di pienezza a quei testi che, come in questo caso, dietro nascondono un ventaglio di significati variopinto e diversificato.

Interpretare questo testo significa interpretare un'intera raccolta, ma non solo: significa interpretare l'intera vocazione poetica dell'autore.

Già la scelta del titolo è emblematica: l'Inno è infatti una poesia tipica religiosa sin dall'alba dei tempi, malgrado differenze per il suo contenuto; l'Inferno è un luogo di dannazione eterna che si declina in nomi diversi nelle fasi della storia della letteratura, che trova il culmine nella commedia dantesca e che comunque non ha niente a che fare con quello di Francesco Abate. Non si può parlare di Inferno senza parlare di peccatori; ma l'Inferno di questa raccolta li lascia fuori a guardare. Non sono gli Inferi della vendetta, o punizione divina, o qualsiasi modo vogliamo chiamarla; sono le profondità del buio dei popoli, è l'iperbole del "sto passando un inferno", è il mare che annega i gommoni, è un Lucifero che maciulla gente senza peccato con i denti macchiati di sangue. È il rovescio della credenza comune, ed è contemporaneamente il riscatto. Perché cantando di questi popoli e di queste genti, l'autore risponde al requiem di ossa che scrive inni e vittorie degli oppressori; con una poesia, due poesie, una raccolta intera, riscrive la storia. Si protegge l'oppresso, si accusa l'oppressore, si capovolge l'Inferno e lo si esplicita nella concretezza che va al di là del semplice concetto di sofferenza.

E a cosa servirebbe mai scrivere, se non a questo?


 

Personalmente credo che questa raccolta valga una lettura. L'ho già messa in lista, ora vi indico tutti i modi per poterci anche solo pensare!


DAL SITO DELL’EDITORE

DAL SITO FELTRINELLI

DAL MONDADORI STORE

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1 Comment


Molto bravo Francesco, lucido, attento, ma pregno di umanità.

È un po' che ho scoperto il suo blog e lo consiglio caldamente.

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