POESIE
Sembra che nelle poesie manchi sempre qualcosa
Come il collante tra causa effetto
Lascia sempre in sospeso la storia
E supino a pensare rimani nel letto
Non una spiegazione, non un perché
Cosa è successo? Cos'è quel che sento?
È come quella volta davanti al quadro di Monet Non capisco, percepisco e non commento
Forse le poesie lo fanno apposta
Parlano di te e dei tuoi sentimenti nascosti
E con i loro termini colti formano una matrioska
La tua mente non lo accetta
Ma nel tuo corpo i brividi li percepisti
Ed è così che una lacrima agì schietta
Clelia Marino
Clelia è una studentessa del liceo Vittorini di Gela. Anche se non ha preso parte all’evento del 5 aprile di quest’anno, ci ha contattate per uno splendido momento di condivisione dei suoi versi: ha messo tutta se stessa e noi, con il suo permesso, volevamo assolutamente condividerne un po’ con voi.
Quella di Clelia Marino è metapoesia, poesia che esplora se stessa; un attacco schietto, un verso più lungo che parla di una mancanza come apparente promessa insita di colmarla, non va poi a esplorare a fondo di sé le radici o i motivi. L’assenza di riflessione in questo senso risulta in una chiave di lettura alternativa: l’autrice scrive consapevole di non poter riempire la mancanza ma usando lo stesso linguaggio che la produce, quello poetico; così è lei la prima a scrivere di mancanze, e la sua poesia diventa una poesia d’assenza.
Le immagini che fornisce - il quadro di Monet, le riflessioni notturne quando non si riesce a prender sonno - sono un fiorire di sfumature che, ancora, ruotano intorno al problema, accarezzano il verso spezzato nelle due interrogative senza risolverne nemmeno una; e la lacrima citata sul finire non è giustificata da un lutto o da una chiusura, ma nemmeno dall’emozione del ritrovo o dalla rabbia del non riuscire a contenersi. Dunque, anche la lacrima schietta è assenza; ma nella mancanza può assumere tutte le forme che preferisce, può essere tutte le sfumature possibili e non possibili, smette di appartenere alla penna dell’autrice ed entra nel più vasto sistema della vita di un lettore qualsiasi.
E alla fine non conta più se l’autrice non ha trovato risposta; è probabile, però, che il lettore l’abbia fatto.
a cura di Irene Mascia
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