Libero è il soffio di vento,
ciò che sento,
non la tempesta che sto vivendo.
Il buio alberga nell'anima,
che diventa luce quando è lacrima.
Gli occhi sono le ali,
soltanto i cattivi ti son leali,
l'urlo mi libera dai mal che medito
che bruciano l'essenza e lascian lo scheletro.
La strada è smarrita, son disorientato
è legato al relitto questo capitano.
Siam lontani da tutto quanto,
il tempo ci ha ucciso qualsiasi vanto.
L'ancora lo tiene legato a lei,
lui vuole salpare con le sue idee.
Anima fragile in acqua salata,
con le dita sfiora le ferite di una Venere maltrattata.
Nicola Rea
Biografia
Mi chiamo Nicola, ho 23 anni e vivo a Somma Vesuviana, in provincia di Napoli. Mi sono avvicinato alla scrittura da piccolo, a dieci anni circa. Trasferitomi in un'altra zona del paese avevo perso tutte le amicizie, e in quel momento di solitudine ho iniziato a scrivere. Non sono un autore, non mi reputo tale. Quello che scrivo sono "flussi di coscienza".
A volte bisogna sapere lasciare andare.
Questo sembra il burrascoso grido che si legge tra le righe della poesia di Nicola Rea, il racconto di una tempesta priva di fulmen in clausula a squarciare il sereno. La parola, fredda ed elettrizzata, ricuce con dolore quella sottile differenza fra ciò che l'autore sente e ciò che sta vivendo; la differenza che intercorre tra il desiderio di libertà e la necessità di restare legato, la volontà e la consapevolezza di essere capitano ma che la propria guida altro non è che un relitto. Così, in un gioco di antitesi e richiami, si ricostruisce una strada che chiude se rivelazioni, ma con un nome: Venere maltrattata. Il nome dà la forma e il volto all'incertezza - un volto che, come quello di Venere, è diverso per ciascuno di noi.
Perché ciascuno di noi sa cosa sia per lui la bellezza; attraverso le parole di Nicola Rea, ciascuno di noi immagina come possa sfiorire.
Irene Mascia
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