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Tempesta del Pensiero: Ubuntu

Aggiornamento: 26 nov 2023

Ciao a tutt* :)

Questo è il quindicesimo articolo della rubrica “Tempesta del Pensiero”, all’interno del blog Momenti DiVersi.

Con la fine dell’anno vecchio, e l’inizio dell’anno nuovo, è uso comune esprimere il desiderio di impegnarsi per realizzare i nobili propositi che sono stati prefissati, qualsiasi essi siano, per poi finire la serata commettendo atti che possono pregiudicare non solo la messa in pratica di tali buoni propositi, bensì di

qualsiasi cosa.

Mi riferisco, richiamando l’attenzione sull’articolo precedente, inerente all’abuso di alcol, all’appello fatto dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, rivolgendosi in particolar modo a noi giovani, perché a causa delle sostanze assunte prima di mettersi alla guida dei nostri mezzi, rischiamo di commettere atti imprudenti per le strade, decretando la propria morte o quella degli altri.


Purtroppo, questo non è l’unico modo di rischiare la vita, perché oggigiorno, a volte, il semplice atto di passeggiare tranquillamente può esporre alle angherie di qualche gangster locale, che crede di poter decidere della vita degli altri solo perché si è ritenuto offeso o minacciato dal sentirsi rivolgere una parola o aver ricevuto uno sguardo apparentemente intimidatorio, nonostante tali eventi, in realtà, non si siano verificati.

Dover vivere nel terrore di capitare in quartieri che godono di pessima fama, o di imbattersi in persone che fanno della violenza il loro credo, le quali sembra che vivano soltanto per comportarsi in maniera bestiale, rappresenta una limitazione inaccettabile al giorno d’oggi: è deprimente che, nel 2023, esistano individui che mettono in pratica condotte riprovevoli contro i propri simili, rifiutando di

comportarsi civilmente, rovinando se stessi, gli altri, e il territorio in cui vivono. Questo rappresenta parte attiva dell’esistenza, perché è la terra che ci accoglie, che si lascia costruire e coltivare, condividendo le proprie ricchezze con l’essere umano, il quale, nel plasmare la terra, viene plasmato da essa a sua volta.

È un dato di fatto che l’Italia è un museo a cielo aperto, grazie alle meraviglie riscontrabili in ogni parte del paese, passando dal mare alla montagna attraverso la pianura e la collina, sostando nelle più grandi città fino a perdersi nei piccoli borghi sconosciuti alle mappe; eppure sempre più si notano rifiuti sparsi per terra, cantieri abbandonati, zone industriali e quartieri fatiscenti poiché privati dell’adeguata manutenzione; e dove non arriva l’uomo a deteriorare l’ambiente, ci pensano le

calamità naturali a incendiare, disboscare, radere al suolo tutto quello che trovano sul proprio cammino. Ad ogni modo, le catastrofi naturali non sono totalmente estranee all’essere umano, in quanto incarnano l’eclatante manifestazione dei cambiamenti climatici, anch’essi indotti dal genere umano con i suoi inquinanti e il non-rispetto assoluto per la natura.

Citando sempre il discorso di fine anno di Sergio Mattarella, sarebbe tutto molto più semplice se ognuno avesse coscienza di sé, delle proprie capacità e delle proprie mancanze, così da impiegare i propri talenti per fare qualcosa di cui possa beneficiare in prima persona, e che possa risultare utile anche per gli altri.


Se le risorse adoperate per fare la guerra e per mettere in atto quegli intrallazzi illegali che avvengono tutti i giorni, di cui solo uno su mille viene scongiurato, venissero utilizzate per consentire la salvaguardia se non il miglioramento almeno della salute e dell’istruzione della popolazione mondiale, ognuno potrebbe vivere una vita decente, senza dover fare compromessi raccapriccianti per garantirsi quelle risorse appena necessarie per sopravvivere, impedendo che soltanto tre multimiliardari si spartiscano tutte le risorse del pianeta, costringendo miliardi di persone alla fame più disperata.

Ma purtroppo, l’odio e il disprezzo non esistono soltanto tra coloro che appartengono ai ceti più abbienti e coloro che hanno meno disponibilità economiche, bensì esistono tra individui che hanno pari reddito, tra soggetti dello stesso sesso e della stessa età, che hanno perfino credi e ideali in comune.

Plauto e Hobbes hanno ragione a dire che “ogni uomo è un lupo per un altro uomo”, nel senso che “mors tua, vita mea”, perché “non c’è disgrazia che qualcuno non ne goda”, in quanto l’essere umano

sa essere cattivo con i propri simili,

mostrando talento nell’invidiare gli altri, senza mai rinunciare a qualsiasi occasione si possa presentare per non farsi gli affari propri, giudicando e imponendo le proprie opinioni nonostante tali comportamenti risultino estremamente maleducati, innescando atteggiamenti in risposta altrettanto incivili. Eppure, non esiste solo il brutto nel mondo: c’è talmente tanta bellezza, la quale, tuttavia, rimane nell’ombra della desolazione ispirata dall’assurda ingiustizia e ipocrisia che caratterizzano quest’epoca moderna.

È vero che “è bello quel che piace”, nel senso che non esiste una definizione standard di bellezza, perché ciò che ognuno di noi ritiene bello riflette il proprio modo di essere, ereditato dagli insegnamenti dei familiari e poi modificato in seguito alle esperienze con cui si viene a contatto nell’arco della vita, però ci sono cose che non possono non essere considerate oggettivamente belle, come l’arte in tutte le sue sfaccettature.


E non c’è bisogno di fare chissà quali cose eclatanti per raggiungere quella consapevolezza che consente di comprendere e apprezzare la bellezza, perché basta saperla scoprire nelle più piccole cose della vita quotidiana, ad esempio, celata in un sorriso; in un piccolo colpo di fortuna (come il fatto che smetta di piovere precisamente quando bisogna uscire evitando di bagnarsi); nell’aver trovato piacere

svolgendo un’attività ludica come praticare sport; nel recarsi volentieri a lavoro; nel vedere che gli altri riconoscono gli sforzi impiegati per raggiungere un obiettivo; nella gratitudine dimostrata dagli altri per aver fatto qualcosa che risulti genuino per la collettività; nel mangiare un cibo soddisfacente per il palato che sia allo stesso tempo nutriente e sano per l’organismo; nel sentirsi bene senza temere l’ombra incombente delle malattie.


Peculiarità della bellezza è che, nonostante si trovi costantemente a portata di mano, bisogna avere lo sguardo allenato per scorgerla nella banalità del quotidiano, e sebbene a volte questo “giocare a nascondino” possa risultare frustrante, col senno di poi, si potrà apprezzare a pieno quella bellezza scoperta inaspettatamente; avvertendo il risvegliarsi in noi della capacità fanciullesca di meravigliarsi di fronte ad ogni cosa; oppure quella bellezza a cui si è anelato con tanta fatica, la quale ha assunto un significato particolarmente importante, perché l’ardua ricerca di questa ha plasmato il proprio Io interiore, rendendolo più variegato e diversificato, per questo più bello.

Come è possibile trovarla negli oggetti concreti e nelle esperienze astratte, la bellezza può essere trovata anche nelle persone. È sempre usato definire le persone “belle” o “brutte”, facendo passare il concetto di bellezza, e quindi di accettazione, attraverso il corpo. Questo accade perché istintivamente si va alla ricerca della bellezza; tuttavia, oltre ad essere notata a prima vista, la bellezza deve anche essere in parte nascosta, così da affascinare e incuriosire, in maniera tale che si apprezzi perfino la bellezza insita in questa stessa ricerca. Il problema sorge quando non si persevera in questa esplorazione, fermandosi all’apparenza, associando la bellezza fisica alla bellezza dell’anima, quindi la bruttezza del fisico alla bruttezza dell’anima. Tale condotta, messa in atto per pigrizia o per cattiveria (entrambe sfaccettature dell’ignoranza, che è la forma di bruttezza più disgustosa al mondo), contagiano e avvelenano il genere umano come fossero delle epidemie: al pari delle malattie infettive, le quali deteriorano l’organismo a livello fisico, i giudizi espressi a priori (che spesso sono accompagnati da offese) distruggono l’essere umano a livello psicologico.

È noto che la bellezza segue spesso le mode e cambia il significato attribuitale a seconda degli usi e costumi locali e temporali, perché, ad esempio, se un tempo la donna in carne era considerata bella perché era considerata potenzialmente più portata ad avere figli, in un mondo dove avere figli significava avere più forza lavoro, e rappresentava il modo per mantenere stabili le ricchezze e i poteri ereditati di generazione in generazione; oggi, anche grazie al progresso scientifico, si apprezza di più un corpo magro.


È ormai consolidato il concetto della pericolosità rappresentata dall’obesità, in quanto determina la comparsa di problematiche sistemiche che alterano l’omeostasi generale dell’organismo, compromettendo la salute dei vari organi e apparati, ma non solo: pratiche come il body shaming, ossia la derisione e la discriminazione delle persone a causa del loro aspetto fisico, (nei confronti soprattutto della gente sovrappeso/obesa), inducono in queste persone l’abbassamento dell’autostima, poiché non si vedono accettate dagli altri, con il rischio di cadere prede di patologie psichiatriche quali la depressione e i disturbi del comportamento alimentare. Sviluppare un rapporto alterato con gli

alimenti; sostanze che vanno a costituire la nostra essenza, perché rappresentano sia le fonti energetiche che ci consentono di sopravvivere, ma anche la soddisfazione di addentare, assaporare, gustare, dando il benvenuto alla vita; consiste nel rifiuto della vita stessa.


E in seguito a questi comportamenti infantili, perché è sciocco deridere una persona a causa del suo aspetto fisico, possono innescarsi comportamenti altrettanto anomali, come la giustificazione dei chili in eccesso o in difetto, ad esempio, asserendo che debba essere accettata qualunque forma abbia il proprio corpo.


Come futura dietista, frequentando i reparti dell’ospedale presso il quale studio, essendo a conoscenza delle implicazioni negative che impattano sull’organismo conseguentemente all’eccessiva magrezza o all’eccessiva grassezza, non posso accettare la magrezza estrema e l’obesità come condizioni normali.


Tuttavia, è mio dovere, come cittadina in primis, dire che non va bene approfittarsi delle fragilità degli altri, illudendo le persone di essere accettate così come sono, con troppi chili o troppi pochi, per poi deriderle e offenderle, come è successo nel caso della Boiler Summer Cup: un'insulsa competizione nata sui social, messa in atto tra ragazzi che si considerano particolarmente attraenti, i quali si sono sfidati a flirtare con ragazze sovrappeso e obese, filmando tali bravate. Il senso della competizione sarebbe trovare ragazze di peso sempre maggiore, collezionando punti, ma soprattutto divulgare in rete i loro video affinché queste ragazze siano oggetto di scherno, mentre tali ragazzi aumenterebbero la loro fama di "playboy". Questa è la dimostrazione di cui l'ignoranza e la cattiveria inducono ad utilizzare in maniera

scorretta i social, ma anche a strumentalizzare in modo errato il proprio corpo, perché questi atteggiamenti inducono a pensare che essere sovrappeso significa "essere sfigati", mentre essere normopeso significa "avere il diritto di giudicare gli altri e decidere al posto loro della loro esistenza", credendo di poter fare del male agli altri a proprio piacimento, illudendosi di essere liberi da ogni obbligo morale, facendo ciò che si vuole, come e quando si vuole.


A volte, le persone sovrappeso o obese possono reagire, e diventare anche loro cattive con gli altri, deridendo e offendendo a loro volta al fine di non rimanere inerti. Il problema è che spesso, invece di ribellarsi a coloro che le hanno bullizzate, le persone sovrappeso o obese possono vomitare la propria frustrazione su individui estranei al proprio dolore, che magari sono normopeso o magri, così da indurli a sentirsi inadeguati. Le persone sovrappeso o obese possono impiegare i propri chili di troppo come fossero un'arma, così da minacciassero di voler innescare uno scontro fisico qualora dovessero essere contraddette, in maniera tale da indurre le persone normopeso o magre, le quali rimarrebbero schiacciate, a sentirsi vulnerabili e in preda alla paura. In questo modo, si crea un circolo vizioso in cui i bullizzati bullizzano per sfogare il senso di disgusto verso se stessi, insorto a causa di esser stati discriminati senza ragione, se non quella di avere determinate forme corporee.

Questo significa che non si è capito che il concetto fondamentale non è che bisogna essere normopeso per soddisfare criteri di bellezza prettamente estetica, bensì bisogna essere normopeso per garantirsi una buona salute, perché essere in salute è bellissimo.

Comunque, bisogna rimarcare il fatto che, ancora una volta, sono le donne ad essere più colpite dalle pratiche sociali più crudeli, come il body shaming, dimostrando non solo che gli uomini provano intolleranza verso le donne, ma perfino le donne stesse non supportano e aiutano le altre donne, quando dovrebbero essere le prime a darsi una mano, perché avendo più o meno le stesse necessità, dovrebbero comprendersi e raggiungere dei compromessi per pervenire a grandi risultati, riducendo la fatica per ottenerli.


Nessuno può sapere, a parte quella persona in questione, cosa l’ha portata ad avere tali forme: ci sono tante malattie organiche e psicologiche che possono determinare un disequilibrio tra massa grassa e massa magra, e spetta ai professionisti sanitari decretare, in seguito all’anamnesi e agli esami diagnostici necessari, qual è il problema e qual è la soluzione; non c’è bisogno del parere di coloro che si improvvisano esteti e giudicano a priori, soltanto dopo aver degnato gli altri di mezza occhiata.

Oggigiorno si pretende tanto, soprattutto dai giovani, nonostante questi non ricevano aiuti o esempi educativi a cui ispirarsi: i giovani sono lasciati a loro stessi, incolpati di tutti i disastri che si succedono nelle varie parti del mondo, e non sono nemmeno apprezzati quando, con le proprie forze, riescono a superare un ostacolo, perché tutti i problemi irrisolti dalle generazioni precedenti gravano loro sulle spalle, e c’è sempre una nuova questione pronta a logorare le energie e il tempo di quelle sempre più irrisorie unità di giovani che non si arrendono, al contrario dei loro predecessori, alla noia e alla pigrizia.


Si pretende che i giovani conoscano tutto di tutto senza aver ricevuto la dovuta preparazione scolastica, la quale spesso rappresenta una perdita di tempo e una limitazione alla creatività, e se da un lato si cerca di sopprimere questa inventiva in favore dell’orrenda ma trendy omologazione, dall’altro lato si pretende che l’immaginazione sia coltivata per evitare che le impostazioni mentali diventino statiche, incapaci poi di adeguarsi alle novità proprie di quest’epoca moderna, le quali sono ritenute obsolete ancor prima di nascere.

E come fa una persona ad essere sempre pronta e scattante, mantenendo saldo l’equilibrio interiore, così da essere se stessa quanto basta per adeguarsi ai canoni standard accettati dalla società?

Forse deve sperare che una domanda simile non venga mai formulata, per evitare crisi di nervi.

Non essendo facile raggiungere compromessi, a volte è necessario scegliere chi accontentare: se stessi o la società.


Citando il musical “The Greatest Showman”, dalla colonna sonora spettacolare, il brano “This Is Me” rappresenta un vero e proprio inno al non rinunciare a se stessi, per quanto si possa essere diversi dai dettami imposti dalla società.

La diversità non deve essere intesa come una minaccia, perché può essere considerata una sfumatura dell’immenso concetto di bellezza. L’esistenza stessa dell’essere umano si fonda sia sulle proprie scelte, sia su basi biologiche e variabili determinate dal caso, risolvendosi in miliardi di combinazioni differenti che non possono essere controllate dalla volontà, quindi, bisognerebbe che ognuno si conoscesse, si accettasse per quello che è, con le proprie caratteristiche, senza vergognarsi di sé, così da dare sempre il meglio di sé. Come direbbe Forrest Gump, “stupido è chi stupido fa”; quindi, a meno che non vengano

messe in atto delle azioni scorrette nei confronti di sé e degli altri, perché mossi da pensieri negativi, è lecito che le persone si tollerino e si rispettino, esercitando il diritto di chiedere aiuto per risolvere le proprie difficoltà, e il dovere di offrire supporto se avessero i mezzi per trovare soluzioni ai problemi altrui.


È vero: non tutti possono ricambiare in egual misura il sostegno di cui hanno bisogno, e ci sarebbe chi potrebbe prestare più soccorso rispetto a quello che necessita.

Se si pensa alle persone malate, queste non possono godere della bellezza insita nel concetto di salute, perché non riescono più a compiere le azioni quotidiane, meravigliose nella loro banalità, così la loro vita può apparire priva di senso. Anche in questo caso, la bellezza trionfa nel momento in cui si riescono a trovare le cure e il supporto adeguati, che possano risanare sia la patologia organica sia le ferite dell'animo, contribuendo a creare una delle cose più belle al mondo, ossia la fiducia tra coloro che aiutano e coloro che sono aiutati, la quale permette l'instaurarsi di legami genuini tra gli esseri umani.

La persona malata ha i propri bisogni, e non deve essere trascurata, perché essere malati non è una scelta, quindi sono necessarie sia cure sanitarie che sociali, tuttavia, non bisogna nemmeno accanirsi sulla persona malata, illudendosi che questa possa vivere una vita esattamente identica a coloro che non sono affetti dalla malattia in questione, imponendo al paziente sforzi esagerati e obbligando chi non ha tali problemi ad affrontare gli stessi ostacoli con cui la persona malata deve avere a che fare.


Ogni situazione è differente dalle altre, perché ogni essere vivente è diverso rispetto ai suoi stessi simili, quindi, bisognerebbe che ognuno prendesse coscienza delle proprie peculiarità, senza nascondersi oppure imporsi con la forza sugli altri, comprendendo qual è il proprio posto nel mondo, assolvendo i propri compiti con dignità e serenità, senza invadere gli spazi altrui e soprattutto senza farsi soggiogare dagli altri.


Quanto sono belli i sognatori, che vedono oltre ciò che è reale; e quanto sono belli gli artisti, che plasmano i loro sogni creando qualcosa di reale.

Lascio concludere la mia dissertazione all’opera evocativa “Ubuntu” di Koen Vanmechelen (2021) raffigurato nell'immagine a fianco, dove viene rappresentato un suo autoritratto nelle vesti di sciamano, il quale guarda gli spettatori attraverso una maschera di vetro, che distorce la percezione dell’osservatore, la quale, metaforicamente, essendo trasparente, mette a nudo l’anima dell’artista stesso. In lingua bantu, la parola “ubuntu” significa “io sono perché noi siamo”: potente invito a rendersi partecipi del legame di scambio che accumuna l’umanità e la natura, perché sia biologicamente che socialmente, l’essere umano non è nessuno senza gli altri. Per cui, tra limitazioni e libertà, ognuno dovrebbe cercare la bellezza in sé e negli altri, impegnandosi per portare alla luce tale bellezza negli altri, lasciando che gli altri cooperino affinché questa bellezza possa emergere in sé.


Perché la bellezza esiste, ma se si dovesse continuare a perderla di vista, come sta succedendo oggigiorno, questa sarà dimenticata, e con essa, ogni sogno e speranza per il futuro, rendendo vano ogni sforzo attuato per vivere.

Con l’augurio di un buon anno nuovo vi saluto, sperando di aver realizzato un articolo interessante e ricco di spunti di riflessione che suscitino curiosità.


Alla prossima!


Maria Romanelli

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