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Momenti di Vita: diversità

"La letteratura non è affatto un mestiere, ma una maledizione, perché lo sappiate. E da quando comincia a farsi sentire questa maledizione? Presto, terribilmente presto. A un’epoca in cui si potrebbe ragionevolmente pretendere di vivere d’amore e d’accordo con Dio e con il mondo, uno comincia a sentirsi segnato, a rendersi conto d’essere in incomprensibile contrasto con gli altri, coi normali, con la gente ordinaria; sempre più in fondo si scava l’abisso di ironia, d’incredulità, d’opposizione e di lucidità, di sensibilità, che lo separa dagli uomini; la solitudine lo inghiotte, e da quel momento non c’è più possibilità di intesa.[...] la consapevolezza del proprio essere si acuisce, perché uno sente, anche tra mille, il marchio impresso sulla propria fronte e sente anche che a nessuno questo passa inosservato."

-Thomas Mann,"Tonio Kroger"

La citazione da cui voglio partire in questo articolo mi sta particolarmente a cuore, perché tratta da uno dei miei libri preferiti in assoluto. Si tratta di una piccola perla insospettabile: "Tonio Kroger", di Thomas Mann. A vederlo sembra un libriccino insignificante, anonimo, almeno è stata questa l'impressione che mi ha dato quando, rovistando nella mia libreria, l'ho trovato. Eppure mi ha cambiato la vita. Quando ho finito di leggerlo ho pensato che fosse assurdo che avessi sempre avuto tutte le risposte che cercavo da una vita sotto il naso, a portata di mano, in casa mia, racchiuse in un minuscolo volumetto, e avessi aspettato di compiere 20 anni per scoprirlo. In pochi conosceranno questo che per me è un piccolo capolavoro, un brillantino luminosissimo, quindi, anche stavolta, un piccolo sunto è di dovere. È una storia profondamente autobiografica che racconta la vita di Tonio Kroger(alter ego dello scrittore Thomas Mann). Tonio è sempre stato un ragazzino molto diverso dagli altri. É il figlio del console Kroger, la sua è una delle famiglie più ricche della città, eppure non riuscirà mai ad integrarsi del tutto in società. Goffo nei movimenti, incapace nel ballo, troppo sensibile, ha interessi che i suoi coetanei non capiscono. Ben presto comincia a percepire il baratro tra sé stesso e il resto del mondo. Dalla sua prima cotta (per un altro bambino, Hans, che nonostante lo tratti con gentilezza e affetto, non ricambia) al suo grande amore adolescenziale, la bella Ingeborg, fino alla vita adulta dopo gli studi, Tonio sa di percepire, con intensità maggiore rispetto alla norma, emozioni e sentimenti. Si è sempre sentito(ed è sempre stato trattato) come un diverso. Ben presto, però, si rende conto che quel fastidio, quel dolore, quel suo senso di inadeguatezza può diventare bellezza, trasformarsi in arte. Inizia a scrivere poesie (di cui lui si riterrà sempre insoddisfatto), ma tutti quelli che lo circondano, a partire dalla sua famiglia, non appoggiano questa sua inclinazione poetica, soprattutto suo padre. Persino la sua più cara amica, la pittrice Lisaweta Iwanona, un'artista come lui, dimostra di non comprenderne appieno l'animo. Tonio percepisce la sua vocazione(che identifica con la sua sensibilità divergente) come una maledizione, perché è perfettamente consapevole delle limitazioni e delle sofferenze che questa gli ha causato. La sua diversità gli appare lampante, come se guardasse sé stesso dall'esterno, con gli occhi dei "normali", come li definisce lui stesso. Lisaweta parla di letteratura come di un mestiere, non un dono, non un talento né tantomeno una maledizione. Questa sua concezione utilitaristica dell'arte è un'ulteriore prova della distanza che separa Tonio dalla società che lo circonda. L'arte è mercificata, impersonale, mentre per lui è esigenza di riscatto, fuga dal dolore, espressione del sentimento più puro, privo di filtri e artifici. Insomma, Tonio è un romantico in tutto e per tutto. Finiti gli studi Tonio va via dalla sua opprimente e limitata città natale. Vi tornerà solo da grande quando, con una nuova consapevolezza, deciderà di rivivere i luoghi della sua infanzia e riscoprirà realtà che aveva sempre ignorato(non faccio spoiler).

La sua malinconia costante, la sua insicurezza, le sue paure e la sua estrema sensibilità al rifiuto, però, hanno un esito inaspettato quando ritrova i suoi due grandi amori passati, insieme. Rivede Hans e Ingeborg in Danimarca, e osservandoli si rende conto che, forse, quella distanza cosí sofferta, che li aveva sempre tenuti distanti da lui, non era totalmente distruttiva. Forse quelle differenze innate erano qualità superiori che lo avevano salvato da una condizione ancor meno felice della sua. Quando, da bambini, Tonio aveva consigliato ad Hans di leggere "Don Carlos", un libro che lo aveva appassionato molto, lui aveva preferito il libro di figure sui cavalli del suo compagno di equitazione, simulando interesse ma lasciando intendere che era un interesse di cortesia. La delusione per Tonio era stata la stessa che avrebbe provato anni dopo quando, al cospetto di Ingeborg e di tutti i suoi coetanei in procinto di entrare in società, si era dimostrato assolutamente negato per il ballo. Si era sentito umiliato, deriso, incompreso, circondato da menti che non sarebbero mai state in grado di avvicinarsi alle verità che popolavano la sua. Alla fine del libro quella di Tonio è una figura titanica, che fa della sua diversità il suo punto di forza, il suo orgoglio. Sappiamo che all'epoca in cui visse Mann questi erano sentimenti diffusi tra gli intellettuali, in particolare tra gli artisti, e che poi si incanalavano e concretizzavano in veri e propri movimenti artistici(il decadentismo ad esempio, la scapigliatura, i bohemien). Ma perché ancora oggi, dopo secoli, dobbiamo lottare contro noi stessi e contro la società per affermare noi stessi e la nostra diversità? Nel ventunesimo secolo essere diversi è ancora qualcosa di negativo, contro le regole, da ribelli. Abbiamo ancora bisogno di rivendicare l'orgoglio di essere noi stessi senza filtri o modifiche, di lottare contro la vergogna che tenta di soffocarci. Dobbiamo sgomitare per riuscire ad integrarci senza cambiare ciò che siamo, sforzarci di rimanere fedeli a noi stessi. Soffriamo la derisione, l'isolamento, ci abbandoniamo alla convinzione di avere qualcosa di sbagliato. Combattiamo per non lasciare che il pensiero comune ci plasmi, per rimanere autentici e piacere a noi stessi prima che agli altri. 

 Non ci accorgiamo, però, che viviamo tutti lo stesso conflitto, che in realtà combattiamo contro mulini a vento e che la "normalità" non esiste. Di mostri in questa nostra società ce ne sono molti, ma di certo non siamo noi diversi, noi autentici, romantici, malinconici ribelli.

 E un poeta questo lo sa. 

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